Mauritania. Oasi. Palme da dattero. L’inizio di questa storia parte da qui, tra il 95 e il 96 d. C. quando nasce il suo protagonista, Antioco. In qualità di medico egli si prodiga nel curare i malati non solo nel corpo, ma anche nell’anima, con altruismo e devozione a Dio. La sua carità e le guarigioni prodigiose portano numerosi pagani a convertirsi al cristianesimo. La fama di guaritore di Antioco dilaga in tutta la provincia mauretana, che dal 33 d.C. fa parte dell’Impero Romano. Storicamente l’imperatore Adriano [76 d.C. – 138 d.C.] viaggiava proprio in quei territori intorno al 123 d.C. per sedare una rivolta e sembra che la risonanza delle opere di Antioco lo spinga a convocarlo al suo cospetto. Qui Antioco manifesta, pregando, la propria fede in Dio e l’imperatore lo fa sottopone a torture, considerandolo ostile alle divinità pagane e nemico dell’Impero stesso: torce accese gli vengono passate sui fianchi feriti, viene tenuto a lungo immerso in un calderone di pece rovente, è dato in pasto a belve feroci.
Niente di tutto questo sembra toccarlo e il medico esce indenne dalle varie prove mentre, così riportano le fonti agiografiche, un terremoto distrugge le statue degli dei pagani. Il panico dilaga nella popolazione e l’imperatore ordina che Antioco venga esiliato nell’isola di Sulci (per i Romani Plumbea a causa dei giacimenti di piombo). Muore qui, si pensa intorno al 127 d.C., nella grotta in cui ha trovato riparo e in cui prega, proprio mentre è in arrivo un drappello di guardie romane che avrebbero dovuto incarcerarlo e portarlo a Karales.
Nei secoli il culto del santo si espande a macchia d’olio da Sulcis all’intera Sardegna e la sentita devozione dei fedeli si traduce in partecipatissime celebrazioni, pellegrinaggi, adorazione delle reliquie, offerte di ex voto, realizzazione di opere per la venerazione del santo, la preghiera e la narrazione della sua vita. Sculture, dipinti, incisioni… La maggior parte di esse raffigurano il santo che porta in mano una foglia di palma.
L’immagine della palma è in ambito cristiano ormai tradizionalmente legata alla figura dei santi che hanno patito il martirio ed è immediato che i santi rappresentati con il palmizio siano identificati come martiri.
Questa associazione non deriva tanto dalle sofferenze e torture a cui i santi sono stati sottoposti, quanto alla ricompensa finale della vita eterna accanto a Cristo. Come la palma offre frutti proprio quando sembra morta, così i cristiani possono portare frutto al termine della propria esistenza.
<<Il giusto fiorirà come la palma…>> riporta il passo 12-13 del Salmo 192 e, ancora, si legge nell’Apocalisse (7,9): <<Dopo queste cose guardai e vidi una folla immensa che nessuno poteva contare, proveniente da tutte le nazioni, tribù, popoli e lingue, che stava in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, vestiti di bianche vesti e con delle palme in mano>>.
Il simbolo della palma come elemento che collega il terreno con il divino non è solo di ambito cristiano ed è presente sia nella tradizione romana che in culture medio-orientali. Tra le consuetudini greco-romane, ad esempio, vi è quella di consegnare ai gladiatori la palma, insieme all’alloro, in segno di vittoria (in senso simbolico anche sulla morte). Nel mondo arabo la palma simboleggia la vita e la rinascita collegate alla presenza dell’acqua, acqua in cui la pianta affonda le radici, pur crescendo in aree desertiche.
Si potrebbe dire, in un certo qual modo, che l’albero della palma abbia accompagnato la figura di Sant’Antioco in Sulcis dalla nascita alla morte e ben oltre.
Laura Di Martile (Hyperborea.com)